What happened in the (not so) United States of America
- Joshua Kannard
- 12 gen 2021
- Tempo di lettura: 8 min
di Leda Colamartino e Joshua Kannard
Devo ammettere che da repubblicano altamente conservatore ho iniziato il 2021 con tanta positività. Certo, Biden aveva vinto la Presidenza, ma alla Camera dei Rappresentanti (House of Representatives) i repubblicani avevano guadagnato più di una dozzina di posti portando la maggioranza democratica a solo otto posti. In più al Senato si poteva forse arrivare a un pareggio, aspettavamo la seconda elezione del Senato in Georgia, i democratici non avrebbero vinto entrambi i seggi, vero?
Il 6 gennaio mi sono alzato e, controllando i social media, ho visto che avevano vinto entrambi i canditati democratici e che il Senato era diviso a metà fra repubblicani e democratici. Ciò significa che la futura vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, sarà la persona preposta a dare il voto definitivo nel caso di pareggio nelle votazioni di nuove leggi. Il governo americano ora si trova completamente in mano a un Partito Democratico sempre più progressista, la maggioranza piena significa che i democratici non avranno ostacoli nell’approvare le loro riforme. Peggio di così non poteva andare, vero? Non proprio.
Il 6 gennaio 2021, con l’assalto a Capitol Hill, è stato un giorno buio non solo per i conservatori e per i repubblicani, ma per ogni cittadino americano e per tutte le persone nel mondo che combattono per la libertà e per la democrazia. Perché ciò è successo? Perché una folla di persone, anzi, di criminali, ha deciso di mettere sotto assedio il palazzo del Congresso? Tutto questo è senza dubbio avvenuto a causa dell’agenda del presidente Trump, che si rifiuta di accettare la sconfitta e lo fa continuamente. Vedete, quando si va in giro dicendo che non c’è possibilità di perdere e che se si dovesse perdere sarebbe a causa di un’elezione fraudolenta e si continua a dirlo anche dopo la sconfitta, nonostante le dimostrazioni contrarie alle quali si è arrivati grazie ai processi legali e ai ricorsi, si rischia che accada quello che abbiamo visto mercoledì sera. È vero che questa elezione aveva molte più possibilità di avere frodi a causa del di un uso maggiore del voto postale, ma dopo aver completato i processi legali per cercare di ribaltare la situazione a favore di Trump, si è visto che le frodi erano pressoché inesistenti, sicuramente molto insufficienti per annullare il voto. Ma Trump non ha saputo ammettere la sconfitta, è quello che insegna nel suo libro e alla sua università, la Trump University. Ma le leggi del business sono ben diverse da quelle della politica e abbiamo visto le conseguenze del suo orgoglio nell’assalto a Capitol Hill. È per questo, e lo dico persino io che speravo nella sua rielezione, che Trump ha completamente fallito.
Negli ultimi giorni il presidente aveva tenuto una manifestazione a Washington in cui aveva parlato della frode, di come era stata rubata l’elezione, di come aveva vinto con un margine enorme e poi aveva detto alla folla che li avrebbe guidati e avrebbero marciato fino al Campidoglio, dove si raduna il Congresso, per protestare. Trump, poi, invece di guidare il popolo, tornò alla Casa Bianca, ma la folla andò a Capitol Hill e così si è scatenato il caos. La polizia era mal equipaggiata e i poliziotti erano pochi siccome la sindaca di Washington aveva ordinato di smobilitare. Questa condizione iniziale facilitò la folla a entrare nell’edificio da cui furono evacuati i senatori, il membri della House of Representatives e il vicepresidente. La folla prese il sopravvento occupando l’intero edificio. Quattro persone furono uccise, una delle quali sparata dalla polizia dentro all’edificio, ci furono intorno ai tredici feriti e cinquantatré arresti. Trump affrontò la situazione con un paio di tweet, e dopo un poi rilasciò un video con due messaggi: il primo era lo stesso messaggio di sempre, cioè che l’elezione era stata rubata, ma il secondo, ben chiaro, era quello di tornare a casa in pace, nonostante continuasse a chiamare gli assaltatori di Capitol Hill “great patriots”, ovvero patrioti. Però questi tweet e questo video non rimasero a lungo sui social perché cancellati da Twitter, Facebook e Instagram dato che l’azienda non riteneva il messaggio adeguato. Fortunatamente, il vicepresidente, Mike Pence, si appellò alla guardia nazionale e alla polizia di Washington DC che riuscirono, nelle ore successive, a portare gli assaltatori fuori dall’edificio. Alla fine la libertà e le nostre istituzioni riuscirono a prevalere, la seduta del Congresso riuscì a proseguire e a certificare l’elezione di Biden.
Questa è una parte del discorso che Mike Pence ha pronunciato al rientro nella sala del Congresso:“To those who wreaked havoc in our Capitol today, you did not win. Violence never wins. Freedom wins. And this is still the people's house. And as we reconvene in this chamber, the world will again witness the resilience and strength of our democracy, for even in the wake of unprecedented violence and vandalism at this Capitol, the elected representatives of the people of the United States have assembled again on the very same day to support and defend the Constitution of the United States.”
Traduzione: “A coloro che oggi hanno causato il caos nel nostro Campidoglio: non avete vinto. La violenza non vince mai. La libertà vince. E questa è ancora la casa del popolo. E mentre ci riuniamo nuovamente in quest'aula, il mondo è nuovamente testimone della resilienza e della forza della nostra democrazia, perché anche sulla scia di violenze e atti vandalici senza precedenti in questo Campidoglio, i rappresentanti eletti del popolo degli Stati Uniti sono riusciti a riunirsi di nuovo, nello stesso giorno, per sostenere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti.”
Anche se il Campidoglio è tornato nuovamente a lavorare, questo attacco avrà degli effetti molto preoccupanti nel futuro. Questi ultimi giorni sono stati veramente difficili per me, non solo come un americano, ma anche come repubblicano e conservatore che ha visto una folla di persone, che dovrebbero rappresentare la sua stessa ideologia, creare così tanto caos e violenza. Io so di non essere come loro e loro non sono come me. Mi guardo però intorno e vedo che tutti incolpano i conservatori, mentre essere conservatori non significa essere violenti. Ciò ha un peso fortissimo su di me, essendo stato perseguitato per le mie idee politiche. Abbiamo i media, i social media, Hollywood, il Partito Democratico e tante altre istituzioni contro, le cose per noi possono solo peggiorare. So che dopo questo attacco sarà ancora più difficile, ma sono sereno sapendo che i criminali dell’assedio a Capitol Hill sono solo una piccola parte di noi. Spero che il mondo capisca ciò.
I truly thank God that America still stands for liberty and justice for all…
J. Kannard
Ciò che Joshua ci ha raccontato da americano repubblicano lo ritengo estremamente importante. I fatti di cronaca, l’assalto a Capitol Hill, i morti, la violenza, li abbiamo visti tutti e abbiamo deciso di riportarli per rendere l’articolo completo. Ciò che io ritengo fondamentale sono due passaggi dello scritto di Joshua. Parto dal secondo punto perché credo sia abbastanza facile ammettere che corrisponda alla verità: dobbiamo affermare con forza che l’America non è la violenza di ciò che è accaduto a Capitol Hill, ma soprattutto che il Partito Repubblicano non è la bandiera della violenza. La immagini terribili di Capitol Hill assaltata da vandali sono l’effetto di due cause che si sono sommate e hanno fatto leva una sull’altra. La prima è la povertà, l’assenza di che sostentarsi, ma più spesso l’assenza di cultura, di conoscenza e di informazione. Ciò ha pesantemente influito sulla propaganda di Donald Trump, che, soprattutto negli ultimi passaggi della sua Presidenza, è diventata ridicola agli occhi di tutto il mondo. Ciò si è sommato a un principio che noi europei fatichiamo a comprendere, ma che ha le sue radici nella Rivoluzione americana: l'avere diritto alla legittima difesa anche quando quest’ultimo è esercitato nei confronti dello stesse istituzioni. Per me è stato molto importante confrontarmi con un americano scrivendo questo articolo: la cultura statunitense è molto diversa dalla nostra, sicuramente anche perché il loro Paese è nato in modo diverso, più sanguinoso e difficile, rispetto all'Italia e in generale a tutti i Paesi europei. Per cui, basandoci sul fatto che gli americani hanno nella loro storia un passato di soprusi da parte del governo inglese prima della rivoluzione, è normale che nel momento in cui il messaggio che passa continuamente è quello di un’elezione rubata ci sarà una parte di popolo che insorgerà anche contro le stesse istituzioni pur di veder riconosciuti i propri diritti di cittadini liberi. Trump ha indubbiamente utilizzato un linguaggio poco appropriato durante il tempo in cui ha ricoperto la carica di presidente degli Stati Uniti, questo ha portato maggior sicurezza negli atteggiamenti dei violenti e tutto ciò è arrivato al culmine mercoledì scorso a Washington. Io credo che quello non fosse un tentativo di colpo di Stato, ma non perché le modalità siano state diverse da quelle di qualsiasi altro golpe avvenuto nella storia, ma semplicemente perché la democrazia americana, che vive con tutte le sue contraddizioni da più di duecentoquarant’anni, non avrebbe potuto essere distrutta da un branco di vandali, seppur armati e seppur la difesa del Congresso fosse scarsa e inappropriata. Ciò su cui però l’episodio di mercoledì 6 gennaio ci deve far riflettere è lo stato di degradazione della democrazia nel resto del mondo, che è acuito dalla presa di potere sistematica da parte dei regimi totalitari, protezionisti, violenti e nazionalisti. Che essi siano nati dai leader dei partiti comunisti o dei partiti di destra non importa. È politicamente irrilevante se alla base di un regime ci sia un dittatore di destra o di sinistra, perché il risultato certo è l’oppressione dei popoli e la fine della democrazia. Tentativi di colpi di Stato avvenuti in modalità simili a quelle dell'assalto a Capitol Hill hanno portato nella storia a regimi sanguinari perché in quei Paesi la democrazia era già arrivata a uno stato di degradazione avanzato. Ciò di cui dobbiamo preoccuparci perciò non è solo e unicamente l’esistenza di piccoli o meno piccoli gruppi violenti nei Paesi del mondo, che aspirano all’istaurazione di regimi totalitari, ma alla stabilità delle democrazie. Lo stato di salute di una democrazia non può essere verificato attraverso l’uso della violenza, seppur da parte della polizia autorizzata, perché anche la repressione in un contesto democratico non porta al cambiamento della mentalità dei cittadini. Lo stato di salute della democrazia può essere verificato solo attraverso la qualità dell’informazione, perché se la gente conosce non si può discutere il fatto che saprà distinguere ciò che è meglio in termini di governo. Su questo in America certamente influisce l’idea della difesa della democrazia, che secondo gli americani deve essere tutelata con tutti i mezzi, per alcuni anche quelli più violenti sono da prendere in considerazione se alla base c’è la tutela di un principio così importante. In Europa abbiamo molto meno questa concezione e questo, come ho già detto, probabilmente è motivato dalle storie diverse che sono alla base della nascita dei Paesi. Negli USA su ciò, come su altre questioni che distinguono un Paese che rispetta lo stato di diritto da quelli che non lo fanno, sarebbe opportuna una riflessione. C’è ancora una questione, ovvero il fatto che il presidente Trump sia stato bloccato sui suoi social. Questo è inaccettabile per una sola ragione: non sono Twitter o Facebook o Instagram a dover verificare l’appropriatezza delle affermazioni che si fanno su queste piattaforme. Sono i governi a dover adottare delle leggi chiare sull’uso che si può fare dei social network. Mark Zuckerberg è il proprietario di piattaforme private, non un giudice e nonostante le ragioni per cui ha deciso di bloccare Trump possano essere condivisibili e prese in buona fede, la censura di un cittadino, che sia il presidente americano o un altro utente, è una decisione forte, che deve essere presa da chi ne ha la piena autorità. Io penso che l’assalto a Capitol Hill ci possa insegnare molto e non solo sulla scelta che il popolo americano ha compiuto recandosi alle urne e votando nel 2016. Molti analisti in questi giorni stanno semplicemente chiedendosi nuovamente: "siamo a favore o contro Trump?", ma questa è ormai un'analisi che non ha più nulla di attuale e che non può in alcun modo contribuire alla riflessione politica sul futuro.
L. Colamartino
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