Passione come vitalità.
- 20 apr 2020
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La parola Passione ha la stessa radice dell’aggettivo “passivo”, e letteralmente indica un atteggiamento di subordinazione dell’individuo rispetto ad un qualsiasi evento. Con un’indagine etimologica appropriata invece si scopre che questa importante parola deriva dal verbo latino “pati”, soffrire. Molte scuole di pensiero hanno definito la passione un qualcosa da rifugiare per poter vivere in una serenità che in seguito consente l’avvicinamento alla felicita: dall’antico epicureismo a Spinoza il desiderio è stato definito come qualcosa di dannoso all’uomo che cerca la propria realizzazione. Anche scrittori come Boccaccio e Manzoni danno un’accezione negativa a questo termine, concependolo come ricettacolo di sofferenza, sia fisica che morale. Ma cosa è la Passione? Dal diciottesimo secolo in poi, con l’avvento dello Sturm un Drang, quindi poi del romanticismo, dell’espressionismo e dello studio della psiche, questa condizione umana per millenni ritenuta distruttiva iniziò ad essere analizzata in modo approfondito. Per molto tempo da cosa fosse scaturita la passione era argomento di discussione sia filosofica che letteraria. Nella letteratura milleottocentesca si riuscì finalmente a dare una risposta appropriata.
Personaggi come Goethe, in cui il tema della Passione è presente in quasi tutte le sue opere, come ad esempio “le affinità elettive” o “i dolori del giovane Werther”, videro il desiderio con la classica accezione negativa del termine, di sofferenza, ma riuscirono a darne anche un significato nuovo e fondamentale: la passione come espressione della vitalità. Fu un’idea importantissima, condivisa da numerosi altri letterati sia di quel periodo che in tempi successivi. Tolstoj diede alla propria Anna Karenina una vitalità repressa che ebbe modo di esprimersi solo attraverso la passione; lo stesso successe per Flaubert che in “Madame Bovary”disegnò un personaggio con un bisogno incessante di esprimere se stesso nel mondo, ricercante avventure che spesso più che passionali si sono rivelate tragiche; questi esempi evidenziano chiaramente il contrasto principale insito nell’ essere umano: la non corrispondenza tra desiderio e realtà. Spesso, come anche analizzato da Wilde in altri termini ne “la decadenza della menzogna”, il tentativo di espressione di questa vitalità coincide con la morte. Inoltre passione e desiderio hanno un potenziale corruttivo davvero notevole, basti pensare a “Il ritratto di Dorian Gray”o “Il Piacere”
E allora cosa fare? Seguire quei principi di “metriotes” e “autarkeia” famosi nel mondo latino ridurrebbe le sofferenze causate dal confronto tra interiorità e realtà, ma ciò eliminerebbe tutto quello che l’uomo dalla macchina ha di differente.
Forse è caratteristica della nostra specie avvertire il contrasto con il mondo nel dare sfogo al proprio vitalismo, ma è esattamente questo che rende degno di tale nome l’essere umano.
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