Locke and Key
- 16 apr 2020
- Tempo di lettura: 2 min

2 / 5 STELLE
Locke and Key a primo impatto si presenta come una serie promettente: basata su una serie omonima di fumetti di successo, creata da Joe Hill (pseudonimo di Joseph King aka il figlio di Stephen King) e Gabriel Rodriguez , finalmente esce su Netflix il 7 febbraio 2020, dopo vari tentativi passati fallimentari di altri produttori.
Per farla breve (e cercando di evitare spoiler indesiderati), la storia si concentra sulla famiglia Locke che decide di trasferirsi in una antica casa di famiglia, chiamata Keyhouse, situata in una cittadina del Massachusetts, dove il padre, appena morto in circostanze misteriose e traumatizzanti, è nato e cresciuto.
Al centro della storia troviamo i tre figli Tyler, Kinsey e il piccolo Bode, che da un giorno all'altro si ritrovano in possesso di alcune chiavi magiche dal design curato e affascinante quasi quanto il loro stesso potere (il genere di oggetto che vorremmo trovare da comprare al Romics). Ora, come per tutte le cose belle, c'è qualcuno che vuole prenderle. Il compito dei Locke è quello di diventare i Custodi delle chiavi e proteggerle difronte alle forze oscure che pian piano si fanno strada minacciando la cittadina. Tutto questo senza l'aiuto degli adulti, che sembrano dimenticare in qualche modo tutto ciò che riguarda la magia.

Ad essere onesta i primi episodi mi hanno tenuta incollata allo schermo. La storia mi sembrava originale e coinvolgente: chi non vorrebbe avere delle chiavi magiche che possono portarti in un qualsiasi altro luogo, entrare nella tua testa per rivivere ricordi dimenticati col tempo o farti diventare un fantasma? Inoltre il mistero si infittisce intorno alla morte del padre Rendell, a cui la famiglia Locke non riesce a trovare una spiegazione, e alla sua infanzia passata proprio a Keyhouse.
Purtroppo però non si può dire che i ragazzi Locke siano dei personaggi particolarmente intuitivi o perspicaci. Nel corso dei 10 episodi della prima stagione commettono talmente tante azioni prive di logica che bisognerebbe ricorrere anche alle dita dei piedi per contarle tutte. Gli unici a mostrare un po' di buonsenso sono Body e il suo adorabile amico balbettante Rufus, il figlio di un'amica di infazia di Rendell, perché insieme si rendono più utili di quanto non faccia nessun altro dei personaggi. Ma ovviamente essendo poco più che bambini non vengono presi sul serio quanto dovrebbero (tipico).
Quale essere umano in possesso di alcune chiavi strepitose e magiche passerebbe il proprio tempo a rincorrere delle storielle adolescenziali di un mese piuttosto che trasformarsi in un fantasma e volare con i propri antenati o esplorare la propria mente?
Sicuramente, dopo tutto quello che hanno passato, si tratta di ragazzi dalla psiche fragile e imprevedibile ma l'intelligenza e la responsabilità non sono qualità che fanno per Tyler e Kinsey (ma aggiungerei anche la maggior parte degli adulti presenti), senza le cui azioni prive di ragionamento non esisterebbe una seconda stagione in fase di produzione.
Non ci resta che sperare che sappiano imparare dai propri errori o almeno rimediarvi.
Nonostante tutto l'idea di base è molto bella e riesce a strappare qualche sorriso e sguardi di stupore e incredulità.
<< La ragione per cui lei non riesce a ricordare è che è un'adulta. Vanno sempre così queste cose. Solo i bambini possono raggiungere Narnia>>.
- Bode Locke
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