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La nascita della morte

Il virus che ci ha costretto a misure contenitive eccezionali ci offre una considerazione importante sulla natura stessa dei viventi: il covid19 è un essere ai margini della vita, privo di metabolismo e di struttura cellulare, composto del solo RNA, il cui unico scopo è di espandersi replicandosi all'interno delle cellule degli altri organismi. Quale senso può avere l'esistenza di un virus (il quale consideriamo privo di qualunque forma di coscienza), che viene trascorsa all'insegna del cieco impulso incosciente di sfuggire alla morte, all'inesistenza, infettando gli organismi viventi a lui estranei. Ma c'è realmente una differenza per qualità di vita, di coscienza, tra noi e un virus letale che barcolla tra la vita e la morte? Circa 13,7 miliardi di anni fa, quando il tempo non esisteva e parlare di spazio sarebbe stata una fantasia infantile, l'intera massa dell'Universo albergava in un atomo primordiale, di dimensioni minori di quelle di una punta di uno spillo: gli alberi, i crateri, le vongole, le aurore boreali, il materiale di cui si compongono gli schizzi di Picasso che sembrano disegnati da vostro fratello di tre anni in crisi isterica, gli atomi di tutti coloro che amate e odiate, tutto ciò era parte dell’atomo primordiale, la cui densità doveva andare ben oltre le soglie dell'immaginabile. Per ragioni ancora ignote, come se seguisse un principio di complessificazione, quest'atomo dei primordi si dirama nello spazio-tempo, il quale nasce dopo 1 decimiliardesimo di miliardesimo di yoctosecondo,

dando vita dopo 300 000 anni a ciò che conosciamo sotto il nome di “materia”. In una galassia insignificante in un momento senza valore la palla infuocata del primitivo pianeta Terra vede accogliere grazie a circostanze estremamente fortunose le prime forme di vita nate da amminoacidi e nucleotidi che ci sono note. Queste si evolvono secondo il principio della selezione naturale, dando vita agli organismi composti di solo RNA, ai monocellulari, ai pesci, agli anfibi, ai rettili e infine ai mammiferi.

L'invenzione di Dio da parte del cavernicolo che è la pretesa di nascondere la consapevolezza inaccettabile che la nostra coscienza di uomini è destinata a svanire ha generato poi il presupposto secondo il quale la razza umana ha diritto di regnare sugli altri viventi in nome di una dignità non meglio specificata. È in questo momento della storia dell’universo che l'uomo partorisce l'idea della vita e della morte, perchè si riconosce come essere autocosciente e individua in alcuni esseri che denomina viventi un grado più o meno elevato di "anima". Così distingue il cosmo secondo un criterio primitivo di "vivente" e non vivente, ossia inanimato, e come tale, morto. Quando un oggetto viene spogliato della sua anima va incontro alla morte: qui si colloca il concepimento dell'idea di morte per quanto riguarda quegli essere superiori, dotati di anima.

È chiaro però che siamo imparentati con ogni essere "vivente", e con ogni essere privo di vita, come i sassi, poichè il vivente è nato dal semi-vivente, che è nato dal non vivente per abiogenesi, (come si sosteneva già migliaia di anni fa), e quando passeggiamo su un litorale sabbioso all'alba di una soffusa luce estiva, in effetti marciamo sul corpo dei nostri cugini più anziani senza coscienza.

Definito questo appare evidente che non c'è nessuna differenza tra la nostra esistenza e quella del virus che ci uccide, in termini di qualità di vita. Siamo proprio uguali a tutti gli oggetti del "creato" (o auto-creato). E ogni oggetto del creato tenta in qualche modo di conservarsi, attraverso la prole, o attraverso la replicazione. E così in questi giorni complicati ci troviamo rinchiusi in questi agglomerati di cemento, ad affollare le terrazze degli edifici tutti uguali incrociando le dita che i medici riescano a vincere quest'ennesima guerra per la sopravvivenza prima che lo stato di recessione che seguirà alla crisi sanitaria ci porterà nell'anno che verrà a scendere di casa per comprare un pacco di spaghetti a 20 euro. La sagra del massacro è solo la conseguenza dell'individualismo più o meno preponderante che porta ogni essere vivente a voler primeggiare sugli altri allo scopo di conservarsi, e questo nel caso dell'uomo, animale "politico", crea grandi problemi e molte incomprensioni. Ciò che si ricava da queste considerazioni non è una svalutazione dell’essere uomo, ma instilla semmai una forma di rispetto nei confronti del non vivente e del vivente esterno da sé, e ci induce infine ad una riflessione sullo scopo ultimo della nostra vita, per distinguerci dall’essere marionette senza fili. La maggior parte dei destini che vengono intrecciati dalle circostanze sono legati ad una mediocre ciclicità, mediocre perché esprime una media comportamentale, tra il cielo e l’abisso: è l’uomo di famiglia, che da giovane non scorge la vicinanza dell’orizzonte e quando intravede le tenebre del tramonto corre al riparo della vita morigerata, se ne ha la fortuna si laurea in una facoltà di cui i suoi sogni non conoscevano nemmeno l’esistenza, si procurerà un lavoro che si discosta da molti dei suoi studi ed interessi, o magari troverà un lavoro che in qualche misura lo appassiona. Quanto detto non è nè triste né felice, è solo un fatto statistico che questo sia il destino della maggior parte della stirpe italiana, popolo il cui tasso di fecondità è inoltre tra i più bassi al mondo, e che si trova tra gli ultimi in Europa per mobilità sociale. E così, una volta partoriti i pochi figli che i fragili nuclei familiari italiani producono, i genitori degli stessi si impregnano di un senso di completezza che compensa la monotonia del proprio lavoro impiegatizio e trasferiscono nella loro prole i loro sogni ed i loro auguri per un futuro migliore, poiché nessuno crede di vivere durante l’apice del progresso storico, nonostante esista la possibilità concreta che l'età dell'oro stia avvenendo proprio in questi momenti, o potremmo anche averla vissuta nei momenti precedenti alla crisi sanitaria mondiale. Vivono dunque per i loro figli, nonostante tra l’attimo della nascita e quello della morte intercorra un lasso di tempo sufficientemente lungo da permettere di sperimentare l’amore, l’arte e la felicità. Ma siamo poi così differenti da un virus che oscilla sul confine ultimo dell’esistere?

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