La maledizione della maglia numero 9 del Chelsea
- Federico Roberti
- 17 mar 2020
- Tempo di lettura: 7 min
Le maledizioni accompagnano il percorso dell'uomo da tutta la sua storia. Hanno varie forme, diverse gradazioni e innumerevoli sfaccettature, ma sono sempre aggrappate all'anima degli uomini. C'è un esempio di maledizione nella Bibbia, quando nel Libro della Genesi Dio ha maledetto il serpente a mangiare polvere per il resto della propria esistenza. Ma anche nell'antica Roma si usava scrivere su una lamina di piombo il nome del bersaglio, con la pratica conosciuta con il nome di defissione, per attirare su di lui la malasorte.
Non si esaurisce però all'antichità la prova della concretezza di tali maledizioni. E al Chelsea ne sanno qualcosa. La squadra inglese, difatti, sin dall'inizio del nuovo millennio è entrata in questo tunnel maledetto che ha colpito la maglia numero 9. Quella maglia custode delle abilità della prima punta, il trascinatore, il diamante della squadra. L'addetto al gol, che deve inventare spazi per gonfiare la rete avversaria dove la geometria non lo consente. Senza un numero 9 degno di indossarlo diventa tutto più difficile. Ma al Chelsea non si tratta di inadeguatezza dei protagonisti. Hanno indossato quella maglia campioni di ogni genere. Ma la maledizione non si spezza. Ora è tutto sulla schiena di Abraham. Quale destino per lui?
MATEJA KEZMAN (2004-2005)
Il primo numero 9 a vestire la maglia del Chelsea negli anni 2000 è stato Chris Sutton nella partita pareggiata per 2-2 contro il Coventry City. 28 partite giocate con i Blues, 1 gol e un odore di maledizione che aleggiava. Ma poi c'è Hasselbaink a indossare quel numero, l'olandese da 70 gol in 4 stagioni. L'inevitabile però era solo stato rimandato. È con Mateja Kezman che il sortilegio si abbatte sul Chelsea. Un giovane José Mourinho, fresco allenatore dei Blues, decide di investire forte su Kezman, l'attaccante che aveva incantato tutti in Olanda con la maglia del PSV. Con 105 gol in 122 partite sembrava la giusta scelta per portare il Chelsea in alto in classifica. 41 match giocati a Londra, 7 reti trovate, cessione a fine stagione. Il fato ha voluto che il primo a esser maledetto fosse lui, che era religioso sin da bambino. Non ha mai abbandonato la sua fede greco-ortodossa e anzi è stata il suo scudo contro tutte le malvagità della vita e del calcio. Ma al Chelsea non è servito.
HERNÁN CRESPO (2005-2006)
Parlare di Crespo equivale a narrare le gesta di uno degli attaccanti più forti degli anni 2000. Un fiuto del gol che gli permetteva di captare la propria preda, la porta, da qualsiasi posizione e in qualsiasi modo. E così ogni rete spettacolare impensabile per chiunque non fosse lui diventava possibile per Crespo. 236 gol in carriera è un bottino che in pochi sanno accumulare. Nei primi due anni al Chelsea indossa la maglia numero 21, realizzando 28 gol. Poi il prestito al Milan con 17 reti gonfiate e il ritorno a Londra. Però c'è un cambio. Decide di vestire la maglia per antonomasia che i più grandi bomber della storia del calcio hanno vestito: la 9. Crespo, inspiegabilmente, fallisce. In 42 partite disputate riesce a fare 13 reti, che per lui, il conquistatore con l'animo argentino, sono briciole. Dopo un paio di esperienze in prestito, viene perso a costo 0. Era stato pagato 26 milioni dall'Inter.
KHALID BOULAHNOUZ (2006-2007)
La storia di Boulahnouz è strana e apparentemente inspiegabile. Nell'estate del 2007 il Chelsea decide di acquistarlo dall'Amburgo per 13 milioni di euro. Il numero di maglia scelto è il 9, ma più che una scelta è stata un'imposizione, dato che era uno dei pochi numeri rimasti senza un proprietario. La stranezza però è che il suo compito non era quello di segnare, bensì di evitare che gli altri segnassero. Il marocchino era un difensore centrale, tra l'altro molto grezzo e rude dati i 16 gialli e i 3 rossi della stagione precedente, che ha vestito la numero 9 del Chelsea per una stagione intera. Forse è stato un tentativo di confondere la sorte, di scacciare la maledizione ricorrendo a un cambio atipico e radicale. Ma niente da fare. Boulahnouz inizia bene, poi si infortuna, perde il posto e non lo riconquista più. A fine anno sarà ceduto in prestito. Non ha mai più giocato neppure un minuto con la casacca Blues.
STEVEN SIDWELL (2007-2008)
Sidwell era uno dei talenti migliori dell'Inghilterra di quegli anni. Cresciuto nell'academy dell'Arsenal, si mette in mostra nelle giovanili ed entra nei taccuini di tutte le big con la maglia del Reading. Il Chelsea riesce a prenderlo a parametro 0, con la speranza che la crisalide desse vita a una splendida farfalla. Ma Sidwell non ha mai preso il volo. Quel numero 9 lo ha fatto arenare proprio nel momento del salto di qualità. Anche in questo caso la numerazione è stata particolare, dato che in campo ricopriva il ruolo di centrocampista. Ma in quell'anno al Chelsea niente è andato come previsto. A 24 anni non riesce ad imporsi nel giro dei titolari e viene ceduto a fine anno all'Aston Villa. Il solito epilogo.
FRANCO DI SANTO (2008-2009)
Dopo i due atipici numeri 9 appena narrati, quel numero così pesante e prezioso torna sulle spalle di una prima punta nel 2008. Franco Di Santo era cresciuto in Argentina con le stimmate del campione. La sua avventura in Cile poi, all'Audax Italiano, era la prova che di ragazzi nemmeno maggiorenni con tutte quelle abilità ce ne sono pochi. E allora nell'estate del 2007 il Chelsea spende 4,5 milioni per il suo cartellino e aumenta ancor di più le aspettative regalandogli la maglia numero 9. Nel primo anno gioca tra le riserve e fa vedere grandi cose, ma al momento di confrontarsi con il calcio professionistico cade. Anche a causa di un infortunio, Di Santo disputa 16 partite, quasi mai tutti e 90 i minuti, e non inserisce mai il proprio cognome nel tabellino marcatori. Sarà la prima e ultima stagione al Chelsea.
FERNANDO TORRES (2010-2014)
Può uno dei centravanti più forti in assoluto perdere la propria capacità di segnare dal giorno alla notte? Evidentemente sì. Spendere parole su Torres è ridondante, perché lo spagnolo è stato forse il primo vero attaccante moderno nel calcio. Nelle sue corde aveva tutto, e quando decideva di toccare quelle giuste creava melodie che allietavano i più fini critici del pallone. Torres sapeva fare ciò che voleva. Sono una prova corposa di ciò i 121 gol in 350 partite con l'Atletico Madrid, di cui è stato il capitano dall'età di 18 anni, divenendo il più giovane capitano della storia dei colchoneros. Anche le 81 segnature in 141 partite con il Liverpool dovevano essere un bollino di garanzia del Niño. Ma al Chelsea, semplicemente, ha smesso di segnare. 20 gol in Premier League in 3 stagioni e mezzo sono una miseria per lui. In totale ne ha fatti 45 in 175 partite. Torres si è smarrito a Stamford Bridge. È entrato comunque nel cuore dei tifosi, semplicemente perché ha il potere di affascinare anche quando dovrebbe far arrabbiare, ma non ha lasciato il segno. Anzi il segno è stato lasciato su di lui. Come una cicatrice. A forma di 9, che lo ha inibito per il resto della carriera.
RADAMEL FALCAO (2015-2016)
Una tigre per azzannare la maledizione. Ma niente da fare. Nemmeno Radamel Falcao, il colombiano soprannominato El Tigre, è riuscito a spezzare il trend negativo. Dopo la passata stagione da archiviare con la maglia del Manchester United, Falcao ha cercato di rialzarsi con la maglia del Chelsea. Nonostante tutto era in un momento perfetto della carriera, dati i 29 anni sulla carta d'identità. Però il tentativo è fallito. Un infortunio all'inguine lo ha costretto a giocare solo per 12 volte, di cui appena 2 da titolare. 1 gol e 7 milioni di prestito oneroso sprecati dal Chelsea.
ALVARO MORATA (2017-2018)
La disperazione ha portato il Chelsea a credere che con i soldi si potesse vincere il braccio di ferro con la maledizione. E così nell'estate del 2017 piovono 66 milioni nelle casse del Real Madrid, che riempie il portafoglio e saluta Morata. Lo spagnolo aveva dimostrato da sempre di saper segnare: la stagione precedente all'acquisto blues aveva segnato 20 reti da riserva di Benzema, e anche nella precedente avventura con la Juventus i suoi gol li aveva sempre garantiti. E allora sembra lui l'uomo perfetto per la svolta. L'inizio è promettente, anzi scintillante. 9 gol nelle prime 15 partite e un futuro che gli sorride. Poi la schiena lo costringe a star fuori qualche settimana, e al suo rientro nulla è più come prima. Il pubblico ha meno pazienza, i compagni di squadra non lo supportano e di conseguenza nella seconda metà della stagione finisce per vedere la porta avversaria con il contagocce. È il preludio dell'addio, che è arrivato a gennaio di questa stagione, dopo altri 6 mesi di sofferenze agli ordini di Sarri. Poi il prestito all'Atletico Madrid. Il riscatto della squadra spagnola è arrivato a fine giugno. Per la felicità di Morata. Che non vedrà più il Chelsea, se non da lontano.
GONZALO HIGUAIN (2018-2019)
L'ultima vittima mietuta dalla maledizione del numero 9 è il Pipita Higuain. Il matrimonio tra l'argentino avrebbe dovuto far tornare il sorriso ad entrambe le parti. Perché Higuain è sbarcato a Londra con il volto triste figlio della disavventura al Milan, che gli ha lasciato più cicatrici che ricordi felici. E il Chelsea perché dopo la partenza di Morata aveva bisogno di una punta che lo prendesse per mano. In più c'era Sarri, mentore di Higuain ai tempi del Napoli che lo aveva fatto diventare uno dei più forti attaccanti in circolazione. I 36 gol in Serie A del Pipita sono arrivati proprio con il toscano in panchina. Però nemmeno questa funziona. Nei 6 mesi a disposizione gonfia la rete solo 5 volte, perdendo il posto da titolare a discapito di Oliver Giroud, che con la maglia numero 18 ha condotto il Chelsea a vincere l'Europa League.
Perché alla fine è tutta una questione di numeri. Ma anche di superstizioni e di fatti storici che rendono la superstizione meno teorica e più pratica. Meno utopica e più realistica. E quella del numero 9 del Chelsea, è una vera e propria maledizione. Chi sarà il prossimo?
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