Il Matto

Un giorno mi hai detto che raggiunta la felicità si diventa pazzi.

Avevi un sorriso da folle, tant'è che faticavo quasi a capirti; mentre ora ci ripenso nella mia lucidità.

La tua energia é sempre stata coinvolgente, a tal punto che io ambivo a quella pazzia, forse per stare bene.

La differenza tra me e le altre persone é che loro ti guardavano con compassione ridendo delle tue azioni; mentre io ho sempre visto molto in te e mi sentivo miserabile a tratti, forse a causa della mia incapacità di non seguire alcuna strada.

Mi perdevo nel cercare di capirti ed il mio errore é stato quello di prenderti troppo sul serio.

Infondo sei il matto, mosso da imprevedibilità e caos, non amore né coscienza.

Ma in quei momenti non mi importava niente e volevo solo godermi quel non sapere dove andare, la leggerezza del non dover scegliere; ma soprattutto trovare il matto che riposava ormai da troppo dentro di me.

Perché infondo tutti  dovremmo lasciarci andare e soddisfare il nostro bisogno di non dover razionalizzare sempre qualunque cosa.

Il nostro spirito spesso intrappolato brama di trovarsi nella confusione, nella genialità di riuscire a concentrare tutta l'energia nel presente. Finalmente stimolare l'istinto e perseguirlo come via unica.

E tu -matto- ridi, sì, pure tanto.

Per questo chi ti vede si prende gioco di te, ma la realtà é diversa.

Ridi solo per incoscienza, e lo sai bene.

E sai anche che se mai dovesse fermarsi questo meccanismo in continuo movimento, piangeresti. Solo che non vuoi, non te lo permetti.

Forse é questa la tua forza.

Forse é questa la tua rovina.

Ora non so dove tu sia, se sei stato portato via dalla corrente o se hai davvero trovato una strada da percorrere; e forse nemmeno mi interessa.

Ma so che sei libero, libero da tutto fuorché te stesso.

Io posso osservarti nella tua stoltezza, provare a capirti o legarmi a te piuttosto che alla mia coscienza, ma devo lasciarti andare per la tua strada.

Anche quando non ne segui una.

Che poi magari arrivi davvero da qualche parte.