I 14 minuti del derby di Milano
- Federico Roberti
- 11 feb 2020
- Tempo di lettura: 3 min
14 minuti. Uno dei derby di Milano più pesanti e cruciali degli ultimi anni è stato deciso in 14 minuti, sugli oltre 95 totali. 840 secondi che hanno deciso i destini della città e delle due squadre.
Quali sono stati questi minuti? Quelli che vanno dal 40’ del primo tempo sino al 53’ del secondo. 13 più uno di recupero.
Tutto ciò che è successo prima del quarantesimo ha avuto come conseguenza i cinque minuti con due gol segnati dal Milan. Gli otto minuti che vanno dal 45 al 53 invece sono stati la causa che ha portato alla conseguenza finale: quella del 4-2 dell'Inter.
Perché il derby di domenica è stato bipolare. Una partita da giano bifronte. Da una parte i 45 minuti di dominio milanista. Dall’altra i 45 di dominio interista. Tutto apparentemente bilanciato, ma solo apparentemente.

La prima frazione di gioco è stata letteralmente plasmata dal volere della squadra di Pioli, che ha preso il controllo del campo e non l’ha mollato sino al duplice fischio di Maresca. Quello messo in atto dal Milan è stato un dominio totale. Territoriale, psicologico, tattico. Tutto ciò che il Milan pensava, automaticamente riusciva. L’Inter invece non pensava, perché non riusciva a farlo. Si è limitata a ridurre i danni come un pugile messo alle corde dall’inizio alla fine che non può che lavorare di guardia. E l’Inter non pensava perché il cervello della squadra, Marcelo Brozovic, stava asfissiando sotto l’ottima pressione di Calhanoglu e Kessie, che puntualmente si alzavano e gli sporcavano giocate, linee di passaggio e pensieri.

L’uscita del pallone interista dal basso era sporca, mentre il Milan era pulito. Pulito come l’aria respirata da Ibra al 40’, quando ha preso la scala e ha sovrastato Godin, invitando a nozze Rebic, che ha segnato e ha a malapena esultato. Perché sono andati tutti da Zlatan. Orbitano tutti attorno alla sua mole.
Tutti tranne Skriniar, che invece al 46’ era troppo distante in marcatura dallo svedese che frusta Padelli con un colpo di testa, allarga le braccia e si pianta al suolo. Ibra is back per davvero. E se ne sono accorti tutti.

Il Milan se n’è accorto ancor di più nel secondo tempo. Quando Ibrahimovic ha inciso meno, vuoi un diverso atteggiamento dell’Inter, vuoi l’età e la condizione fisica che non gli permettono di reggere il peso di un’intera squadra sulle spalle per 90 minuti. E così Ibra ha abbassato il livello di gioco e il Milan si è sgretolato.
E tutto si è ribaltato nel giro di neanche 120 secondi. Al ritorno dall’intervallo l’Inter ci ha messo 6 minuti a riaprire tutto. Il cervello della squadra che prima rischiava di asfissiare è tornato a respirare d’improvviso, ripristinando le funzioni vitali di tutta la squadra. Brozovic segna con un tiro al volo e tutto cambia.
Tanto che bastano ancora due minuti, gli ultimi dei 14 che hanno deciso il derby, per rimettere tutti in pari. Verticalizzazione di Godin, taglio di Sanchez con giocata intelligente e qualitativa, destro al ghiaccio di Vecino. 3 mosse che hanno ucciso il Milan. Il match era in pari ma era una parità solo apparente, perché per il resto della partita è sembrato che il campo pendesse pericolosamente dalla parte rossonera.

Un cross di Candreva trova la splendida girata di testa di De Vrij. 3-2 e delirio. Poi qualche occasione qua e là, un tiro metafisico di Eriksen che si stampa sulla traversa e il palo di Ibra al 90’ che avrebbe potuto rimettere tutto in pari (ma forse era fallo dello svedese).
Infine Lukaku, che fa finire tutto per davvero. Sfila la maglia, mostra per la 17a volta in stagione i muscoli e prende in mano la bandierina. Poi la copre con la sua maglia nerazzurra e la alza a mò di stendardo. L’Inter ha vinto. Milano è nerazzurra.
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