Guardami negli occhi, Nicolò
- Federico Roberti
- 20 gen 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Nicolò sorride. Apre le braccia, chiude gli occhi, inspira un'aria nuova, sopraffina, mistica, che lo accarezza e lo trasporta su, sempre più su, sino a fargli perdere l'orientamento. Ma Nicolò non si perde, anzi non ha nemmeno più bisogno di aprire gli occhi per seguire la retta via, gli basta sentirla, annusarla. La tocca con mano e la cura con i piedi che sono sempre ben saldi sul terreno anche a quell'altitudine.
Nicolò sorride. Forse no, non domenica scorsa, ma perché dovremmo vedere altra foto se non una in cui sorride? Perché avremmo dovuto visualizzare il suo corpo a terra, le sue mani abbandonate sulla faccia, la sua faccia rossa, i suoi occhi lacrimanti e la sua ombra coprire il suo volto raggiante? Non c'è nessun motivo per preferire una foto di un ragazzo 20enne che soffre, e per questo preferiamo iniziare con il suo sorriso più infantile, puro e spensierato di sempre. Quest'esultanza, che da quel momento in poi è diventata per sempre la sua esultanza, è datata 26 dicembre 2018. Era un Roma - Sassuolo come un altro prima che Zaniolo entrasse nel nostro cuore al 56', senza chiedere il permesso, senza bussare, semplicemente lasciando che il proprio istinto di formidabile giocatore e di splendido ragazzo lo conducesse lì.
E "lì" era tanto in alto, era nella porta di Consigli, era allo stadio Olimpico, era nella storia della Roma. Da quel momento Nicolò non ha fatto altro che continuare a farci sorridere come lui. E ci ha fatto scoprire che c'è sempre un po' di spazio nel nostro cuore, per chi è degno di essere amato.

AMARE IRRAZIONALMENTE
Quante volte ci siamo ripetuti di non innamoraci dei giocatori perché nel calcio, specie in questo calcio, il mercato la fa da padrone e i giocatori vanno e vengono, ed è solo la maglia che rimane? Tante, infinite volte, ed è un discorso sensato, logico, razionale. Ma quante volte abbiamo messo parole come "amore" e "razionalità" nella stessa frase? Poche, forse addirittura mai, se non con qualche negazione in mezzo che cambiasse il senso della sintassi.
Tu Nicolò scavalcato con la tua solita agilità ogni discorso razionale e ti sei accomodato nel nostro animo, là dove passione, fede, amore e speranze risiedono insieme e banchettano, rinnovando ogni giorno, ogni sconfitta e ogni delusione di più la nostra voglia di dare tutta la voce per la Roma. E non sai quante volte abbiamo finito per avere la voce rauca per te, Nico. Semplicemente perché tutto ciò che fai è esaltante: il modo in cui corri, in cui protesti, le tue gambe piantate al suolo impossibili da sradicare e anche quella capigliatura sbarazzina. Ma soprattutto ci fai andare fuori giri quando segni, esulti e ti porti lo stemma alla bocca. Lo baci e ogni volta è come se fosse la prima, solo più intensa, solo più consapevole ed eterna. E se anche non sarà per l'eternità, è abbastanza per farci innamorare.
"Dico la verità, recentemente ho baciato la maglia della Roma e voglio farlo ogni volta che segnerò (…)Vorrei che i tifosi della Roma sapessero quanto li amo e quanto apprezzo quando urlano il mio nome. E’ una cosa che mi esalta"
Capire l'amore non è materia per tutti. C'è l'infatuazione, la passione, il desiderio, ma l'amore è un'altra cosa. E Zaniolo ha parlato di amore, parlando la nostra stessa lingua quando lo invochiamo allo Stadio. Perché è vero che l'amore non può essere capito da tutti. Ma forse, da chi ama e sa farsi amare, sì.

"TU NON SEI IL TUO INFORTUNIO"
E ora sei lì, che stramazzi al suolo e hai le mani in faccia. Piangi, singhiozzi, cerchi un motivo, almeno uno, che sia valido e che possa spiegarti perché il destino sia stato così crudele con te. Perché abbia scelto di tirare proprio il filo della tua vita, anzi quello del tuo crociato, che dopo tante galoppate ti ha lasciato in quella pozza di dolore.
E soffri, hai paura e lo fai vedere, senza temere di farti vedere in quello stato così intimo perché sai che la paura, come l'amore, va mostrata e dimostrata senza vergogna, perché è sinonimo di sensibilità e non di debolezza. Anche perché tu, te lo assicura un popolo intero, di debole non hai proprio niente.
E adesso che sei sprofondato nell'abisso e ti senti solo, stavolta sì senza orientamento, anche se hai gli occhi aperti e capisci che è tutto vero, anche se annaspi in un mare di terrore e disperazione, sappi che non è così. Perché non sei solo. Anzi, forse siamo troppi, siamo i 60.000 che domenica sera urlavano il tuo nome alla presentazione della formazione e gli stessi 60.000 che ti applaudivano mentre uscivi in barella. E lì fuori, ora che sei solo, che non c'è più il boato dello stadio che ti tiene compagnia, sappi che siamo ancora in migliaia, in milioni, tutti attorno a te, a tenderti la mano e a tenerti compagnia. Ora alzati, appoggiati a me, non ti farò cadere. Continua a piangere se vuoi, anzi piangi, ché ti purifica l'anima e ti lega ancora di più a questa eterna città. E guardami negli occhi, proprio come noi abbiamo fatto centinaia di volte, trovando in te la forza di continuare a urlare. Specchiati nella mia anima innamorata e fidati di me. E amami, amaci, proprio come noi facciamo con te. Perché chi ama non perde mai. Perché chi ama non si perde mai. E noi, Nicolò, non ti lasceremo mai affogare nell'abisso da solo. Roma ti attende. Ah, e ricordati di sorridere. Perché tu non sei il tuo infortunio: ma uno splendido sorriso di un ragazzo innamorato.
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