top of page

Gli standard di bellezza: cos'è cambiato nel 2020?

La bellezza nel corso dei secoli ha sempre svolto un ruolo centrale nell’idealizzazione umana del Bene. Questa caratteristica è stata spesso associata a personaggi fittizi e non, che incarnassero qualità positive fisiche e morali. Il concetto di καλὸς καὶ ἀγαθός, (kalòs kai agathòs) della cultura greca arcaica ne è l’esempio perfetto.


La bellezza, in quanto empirica, suscita appagamento nell’animo di chi osserva. La sensazione evocata è una sorta di inganno di tipo psicofisico che l’Uomo è stato in grado di aggirare a proprio piacimento grazie ad illusioni ottiche (come il trucco). Ogni popolo però, nonostante esista una bellezza universale, ha creato a proprio piacimento una lista di fattezze riconducibili al “bello”. Ciò è accaduto perché i canoni di bellezza hanno molto a che fare con la storia e la politica di un popolo: ad esempio, in Paesi come la Corea, la Cina ed il Giappone, avere la doppia palpebra, o meglio avere la palpebra mobile visibile, è una delle caratteristiche fisiche più belle che si possano avere; così come avere la pelle color avorio o le sopracciglia folte. Tutte caratteristiche che difficilmente rientrano nel pool genetico degli orientali, ma che generano un grande fascino. C’è da prendere in considerazione che fanno invece parte di quello degli occidentali, che per secoli hanno avuto il predominio culturale su una grossa fetta del globo. Questo avviene perché in situazioni di discriminazione razziale ed oppressione, somigliare al popolo avvantaggiato vuol dire acquisire di conseguenza parte dei vantaggi socioculturali del proprio oppressore.

Negli ultimi anni però, grazie ai flussi migratori e alla globalizzazione provocata dai portali web, i vari popoli che costituiscono i 7,7 miliardi della popolazione mondiale hanno iniziato ad interfacciarsi su grande scala. Ciò ha portato ad un capovolgimento dei canoni di bellezza che si sono a loro volta “globalizzati”. Questi si sono modificati anche grazie a personaggi della cultura di massa, come Kim Kardashian che ha riportato in voga il fisico a clessidra oppostosi all’heroin chic degli anni ’90 e 2000, reso famoso in quegli anni dalla supermodella Kate Moss. Per quanto assurdo possa sembrare, anche la costituzione fisica è oggetto di mode, che come è di norma, vengono portate agli estremi. Gli Stati Uniti continuano ad avere una grande influenza: il popolo statunitense che è così variegato con le sue culture da tutto il mondo ed etnie, mette ora più che mai in risalto come prototipi di bellezza persone che hanno genitori di origini diverse, cosa usuale in America.




Una serie di trend hanno avuto origine spontanea dopo il sopravvento dei social media sulla quotidianità, causando una sovraesposizione iconografica. Tant’è che le persone hanno iniziato a sentire una forte pressione sociale nell’apparire e nel mostrarsi, cercando in tutti i modi di distinguersi dalla massa per ottenere l’approvazione degli altri utenti con un like e stupire il più possibile. E’ stata proprio questa voglia di stupire a portare all’ideazione di nuove mode. L’industria del make-up ha acquisito più che mai un’importanza spropositata diventando un pozzo d’oro per chi ci lavora, sfruttando il marketing di Internet, tutto basato su sponsorizzazioni, pop-up e passa parola. Il nuovo mestiere dell’influencer trova tra i suoi impieghi quello di pubblicizzare i cosmetici delle compagnie con le quali stipula contratti.

Si può citare tra le nuove tecniche di make-up quella del contouring, un gioco di luci ed ombre ottenuto dall’utilizzo di tre colorazioni diverse dell’incarnato che alternate donano una maggiore tridimensionalità al viso e correggono alcune imperfezioni simmetriche. Altra tecnica molto chiacchierata è il baking, un metodo di fissaggio del fondotinta che si serve di una grossa quantità di cipria che lascia un netto strato opaco visibile ad occhio nudo. Entrambe le tecniche vanno indietro nel tempo e affondano le proprie radici nella comunità gay, più specificatamente nelle esibizioni delle drag queen. Si tratta infatti di un trucco appariscente, esagerato, che non si conforma con le attività quotidiane di una persona qualsiasi. Il massimo della creatività arriva quando il trucco stravagante attraversa i portali del web dove non ci sono vincoli e le immagini possono assumere la forma che desideriamo.



Nel momento in cui il trucco non è abbastanza e non soddisfa le aspettative smodate di questa società soggiogata dagli eccessi, si passa ad interventi drastici, quelli chirurgici.

La chirurgia plastica è sempre stata un tabù, chi ne ricorreva era disperato o addirittura malato. Ad oggi mi è capitato svariate volte di ritrovarmi tra i suggeriti di YouTube, video di ragazze che recensivano le operazioni di chirurgia estetica a cui si erano sottoposte. Includevano tutti i particolari del caso: costo, nome del medico e della clinica (spesso privata e sponsor del video stesso), tempi di ricovero e medicinali somministrati. Ad un occhio inesperto questi video potrebbero sembrare un semplice modo di fare informazione e di sciogliere i pregiudizi al riguardo, ma non è che una becera mercificazione delle insicurezze dei propri seguaci che non si sentono in grado di soddisfare gli standard del prototipo di bellezza proposto.

Nulla di ciò che ci viene mostrato quotidianamente tramite televisione, radio, annunci pubblicitari o social è casuale, fa tutto parte di una grande presa in giro. Ormai siamo abituati a pensare che avere il naso a patata o i piedi grandi sia un handicap e la bellezza fisica, basata su parametri soggettivi e labili, sia un valore inestimabile. Ma ricordiamoci che i valori che contano davvero qualcosa nella vita, non sono instagrammabili.


 


Comments


    ©2020 di Liceo B. Russell.

    bottom of page