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FilmAdvisor:Jojo Rabbit di Taika Waititi

  • 19 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min
 

"Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore. Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano"

Rainer Maria Rilke


Johannes è un bambino viennese di dieci anni che vive con sua madre Rosie, abbandonata dal marito partito per il fronte italiano. Nella vita di Johannes, da tutti chiamato Jojo, l’idea della supremazia nazista è talmente radicata a tal punto di avere come amico immaginario una versione fanciullesca e buffa di Adolf Hitler. Tutto però cambierà quando scoprirà che sua madre sta nascondendo in casa una ragazza ebrea.


L’infanzia di un giovanissimo membro della gioventù hitleriana marcia con il passo marziale di una versione infantile e amichevole del Führer, impersonato dallo stesso regista, che dal piccolo Jojo non pretende null’altro che fedeltà cieca e totale declinata attraverso perle di strategia bellica e di supremazia ariana narrate come se ci si trovasse all’interno di un grande gioco. Taika Waititi, che da tempo progettava di portare in scena il romanzo di Christine Leunens (Il cielo in gabbia), riesce nell’intento di narrare la conclusione della seconda guerra mondiale come una sorta di rivisitazione de “La vita è bella”. Però questa volta il protagonista non è un adulto ebreo che deve fare digerire il campo di prigionia al figlio riuscendovi solamente grazie alla sua capacità di trasformarlo in un eterno gioco, ma bensì un bambino cresciuto nella Vienna degli anni ’40 che vede nel nazionalsocialismo la possibilità di farsi accettare dal mondo adulto e se poi quest’ultimo si copre di ridicolo con capitani da macchietta, ufficiali di esercito e Gestapo ai margini del surreale, poco importa, fino a quando nella sua vita non entrerà a sorpresa un’ospite indesiderata, la diciassettenne Elsa, ragazza ebrea amica della sorella morta. Il dodicenne Roman Griffin Davis (Jojo Rabbit) riesce alla sua prima prova a reggere il palco al fianco di attori consumati come lo splendido Sam Rockwell, nel ruolo del capitano alcolista Klenzendorf, e Scarlett Johansson in quello della madre protettiva ma ottimista, Rose. Il messaggio finale è potente e commovente e il film è un inno sorridente all’uguaglianza e ai desideri di pace e ottimismo.


Dal punto di vista tecnico questo film è un gioiello. Ottime inquadrature che alternano momenti pieni di energia e di movimento a quelle lente e riflessive come i dialoghi tra Jojo

ed Elsa, anche grazie alla straordinaria fotografia di Mihai Malaimare Jr. Musiche eccezionali e storiche (per citarne un paio "Heroes" di David Bowie e “I want to hold your hand” dei Beatles) scelte da Michael Giacchino (compositore della colonna sonora di "Up",con la quale ci siamo messi un pò tutti almeno una volta a piangere),con l'aggiunta di qualche colonna sonora fatta su misura per il film. La particolarità delle canzoni scelte dal musicista è che sono tradotte in lingua tedesco (so che per molti può sembrare un'eresia, tra cui me compreso, ma a livello cinematografico, almeno in questo film, è un'ottima mossa per far entrare meglio lo spettatore nel clima di quell'epoca). Ottima l'idea di mettere anche qualche verso del poeta Rainer Maria Rilke (considerato uno dei poeti più importanti di lingua tedesca del XX secolo) grazie ai quali il rapporto tra Johannes ed Elsa diventerà più intimo e sentimentale. Ottimo lavoro anche della giovane Thomasin McKenzie che di fronte a un ruolo complicatissimo come quello di un'ebrea ai tempi del nazismo, riesce a mostrare tutto il suo talento (attrice da tenere d'occhio). Il film ha ricevuto 5 nomination agli Oscar 2020 (Miglior film,miglior attrice non protagonista,miglior scenografia,migliori costumi e miglior montaggio) e ha vinto per la miglior sceneggiatura non originale (sceneggiatura ispirata per l'appunto al romanzo di Christine Leunens).


Voto:8,75/10

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