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Essere donna è bellissimo?

Ci hanno sempre detto che essere donna è bellissimo. Ognuno di noi lo pensa realmente?

Essere donna in realtà è bellissimo, ma lo dovrebbero sapere tutti.

Lo dovrebbero sapere in Afghanistan, dove al contrario della realtà in cui noi viviamo, nascere donna non è per nulla semplice, anzi viene ritenuta una maledizione se il primogenito non è un maschio. Dalla presa di potere dei Talebani, nel 1996, le loro condizioni di vita sono precipitate rovinosamente fino ad annullarne la dignità in tutto e per tutto. Anche dopo la caduta dei talebani la situazione per le donne afgane non è cambiata.

L’Afghanistan è un paese estremamente complesso, pieno di contraddizioni e di sfumature non facili da cogliere soprattutto per la visione culturale occidentale. Non è solo un luogo dove vivono esclusivamente donne oppresse e silenziose, spesso il nostro metro di giudizio si ferma alla disturbante copertura del burqa, senza penetrare al di là di esso, senza percepire realmente quale sia il vero dramma di queste donne.

La bellezza di essere donna in Afghanistan viene raccontata in maniera commovente nel romanzo “La bambina che non esisteva” scritto da Siba Shakib, una scrittrice che con i suoi racconti è riuscita a portare una realtà differente nel mondo occidentale, una realtà che spesso l’Europa non vuole vedere.

Siamo in Afghanistan, Daria ed il comandante stanno aspettando la nascita del loro primo figlio, il loro erede nasce ma è una femmina. Il padre la chiamerà Samira, che significa ricchezza interiore, ma tutti la conosceranno come Samir, altrimenti il comandante avrebbe perso il rispetto e l’onore verso i suoi uomini e tutti avrebbero messo in dubbio il suo vero essere uomo.

Samira è la protagonista in assoluto. Una donna alla quale è stata rubata la sua femminilità e la sua vera natura. Samira non vive la forza e la pienezza di essere donna in prima persona; viene trattata e cresciuta come un maschio, anche se il suo corpo con il passare degli anni si trasformerà sempre di più fino a diventare una vera donna.

Come reagisce Samira a tutto questo? Inizialmente con il mutismo. Solo con la pubertà Samira comincia a capire quale decisione deve essere presa, e soprattutto se è in grado di vincere la sua lotta contro Samir, scegliendo in questo modo quale vita vuole vivere, a quale categoria appartenere. Nel frattempo, sullo sfondo la storia dell’Afghanistan sta procedendo velocemente e le guerre si susseguono una dietro l’altra. In effetti, il libro anche se parte dal delicato tema della forte divisione tra i sessi riesce ad intrecciare con essa ed in essa il problema religioso, il dramma della guerra, la piaga dell’analfabetismo, il terrore della violenza e della fame.

Ancora tutt’oggi, le donne afghane come Samira combattono battaglie quotidiane contro violenze, soprusi e le varie brutalità quotidiane che sono costrette a subire.

Ci appare tutto così assurdo, un’invenzione, una lontana realtà.

Perché fa male pensare che per il regime talebano, noi donne siamo solo un mezzo per procreare e soddisfare i bisogni sessuali dell’uomo, macchine utili solo per compiere lavori domestici.

Perché ci fa ribrezzo pensare a tutti gli abusi sessuali che le donne afghane sono costrette a subire (ad esempio ogni anno in centinaia, incluse bambine di appena 13 anni, sono sottoposte contro la loro volontà, ad esami vaginali e rettali invasivi atti a dimostrare la loro verginità, esami di nessun valore scientifico che spesso vengono utilizzati come raccolta di prove nei tribunali).

Perché pensare che essere donna è bellissimo in queste condizioni è come fare un torto a tutte quelle donne che non possono esserlo a 360 gradi. È come fare un torto alle donne che hanno un pensiero e non lo possono esprimere, alle donne che hanno un corpo e non possono scoprirlo, alle donne che hanno dei progetti e delle ambizioni ma non possono realizzarli, alle donne che non possono sbagliare né fare la cosa giusta per loro.

E anche se proviamo indignazione o ribrezzo, e anche se sono cose sentite e risentite, fermiamoci a pensare più a lungo rispetto a quanto già facciamo, proviamo a dargli un’attenzione meritevole. Perché la condizione della donna in Afghanistan non è invenzione ma realtà. Perché oggi, ci sono ancora persone, nel mondo, private di un volto, di una voce, della libertà di muoversi e di pensare, derubate persino della propria dignità e umiliate per il solo fatto di essere donne.

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