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Daniele Nardi: a un anno dalla morte.

"Daniele Nardi (Sezze, 24 giugno 1976) è il primo alpinista nato al di sotto il Po ad aver scalato l'Everest e il K2, le due vette più alte del mondo", questo si legge nella terza di copertina del libro uscito dopo la sua morte (La via perfetta). Daniele è morto a quarantadue anni con lo scalatore inglese Tom Ballard sul Nanga Parbat.

Esattamente un anno fa, in questi giorni, in queste ore, Daniele e Tom lottavano tra la vita e la morte su una delle montagne più alte del mondo.

Ma facciamo un passo indietro per spiegare che tipo di montagna è il Nanga Parbat. Il Parbat è una montagna pakistana alta 8126 metri, con un tasso di mortalità del 28% (una persona su tre che tenta la scalata non torna a casa) è la seconda montagna più pericolosa del mondo. Per questo, dalla gente del posto, è chiamata "montagna assassina".

Ha tre versanti, quello scelto da Daniele per gran parte delle sue scalate è stato il versante a ovest, chiamato Diamir, che ha due vie principali, la Kinshofer e la Messner. Ma Daniele, subito dopo aver conquistato la vetta nell'estate del 2008 attraverso una via già battuta, si innamora dello sperone Mummery.

Nanga Parbat, la linea 2 è lo sperone Mummery

Lo sperone in questione è la via che lui definisce "più diretta alla vetta, la più elegante e bella, ma anche la più pericolosa." Lo sperone Mummery, chiamato così in ricordo di Albert Frederick Mummery, che aveva provato l'ascesa per quella via nell'estate del 1895 morendo, è una via per la quale nessuno è riuscito mai ad arrivare alla vetta.

Daniele prova l'impresa d'inverno quattro volte senza mai riuscire a portarla a termine. Ormai lo sperone Mummery per Nardi è un chiodo fisso, lì sono sepolti momenti tragici della sua vita da alpinista: cadute sulla parete della montagna, dissidi con i compagni di cordata durante altre spedizioni che lo avevano costretto a tornare a casa, ecc. Ma questa volta, con Tom Ballard, è determinato ad aprire una nuova via sullo sperone e ad arrivare in vetta.

Sono in molti a cercare di dissuaderlo, primo tra tutti Reinhold Messner che dopo aver conquistato la vetta del Parbat nel 1970 aveva tentato la discesa per lo sperone Mummery. Lui era arrivato a valle perdendo però il fratello, Günther, travolto da una valanga. Messner e molti altri dicono chiaramente a Daniele che la montagna è già stata abbastanza clemente con lui e che cercare di percorrere ancora quella strada è chiaramente una follia. Daniele decide comunque di ritentare l'impresa e nel Dicembre 2018 parte alla volta del Parbat per la quinta volta.

Dice: "Io non vado sul Nanga Parbat, ma sullo sperone Mummery."

Tom Ballard e Daniele Nardi, Nanga Parbat

Dopo un lungo trekking di avvicinamento, il 29 dicembre 2018, Daniele e Tom, con il resto della loro squadra, arrivano al campo base (4200 metri di altitudine). Il 30 dicembre salgono a campo 1 (4700 metri) dove montano una tenda, la sera scendono al campo base. Il 6 gennaio 2019 salgono fino a 5200 metri dove allestiscono il campo 2, per la notte tornano di nuovo al campo base. Il 7 e l'8 gennaio dormono a campo 2 e non continuano a scalare a causa del brutto tempo. Il 9 gennaio riescono ad arrivare a campo 3 (5700 metri), sono proprio sotto lo sperone Mummery, le condizioni meteorologiche non gli permettono, però, di attaccarlo subito. Il 16 gennaio, quando sono perfettamente acclimatati (gergo tecnico usato per dire che il corpo si è abituato a un'aria più rarefatta e povera di ossigeno), si apre una nuova finestra di bel tempo. Daniele e Tom decidono di iniziare il lavoro di fissaggio delle corde sullo sperone. Dopo una lunga pausa dovuta alle perturbazioni, il 23 febbraio fissano il campo 4 (6000 metri). Il 24 febbraio iniziano la vera e propria scalata dello sperone Mummery determinati probabilmente a superarlo e ad arrivare in vetta. Il giorno dopo, però, si perde la traccia GPS. All'inizio si presume che a causa delle nuvole non arrivi il segnale radio, ma con il passare dei giorni, non vedendoli tornare e con nessun messaggio né da campo 3, né dallo sperone; si inizia sempre di più a pensare che i due scalatori siano morti. Il 6 marzo, con un teleobiettivo, vengono avvistati i loro corpi senza vita a più di 6000 metri di altitudine, ancorati allo sperone.

La notizia viene data ufficialmente il 9 marzo: Daniele Nardi e Tom Ballard sono morti. Probabilmente la causa del decesso è stato il congelamento e non una valanga come è facile pensare. Quando si sono accorti che i loro corpi stavano assiderando e il freddo stava avendo la meglio era troppo tardi.

Rimarranno lì, sullo sperone Mummery, per sempre. Così hanno deciso le famiglie, ma anche perché a più di 6000 metri gli elicotteri non volano e arrivare a piedi in quel punto per poi portare giù due uomini congelati è un'impresa, oltre che rischiosa, quasi impossibile.

In conclusione il mio pensiero: io non credo che la loro sia stata una scelta suicidaria, so perfettamente che quando la montagna chiama è difficile dire "no". Il mondo dell'alpinismo è così: ogni volta che si scala, ogni volta che si fissa una corda, che si fa un nodo o si mette una vite da ghiaccio; si è consapevoli del rischio che si sta correndo. Si sa che se si fissa male l'attrezzatura sulla montagna, che se la roccia o il ghiaccio cedono, che se una corda, una vite o una maniglia Jumar, sono difettose; si può cadere per decine, centinaia di metri e morire. Si può morire sui monti Lepini così come sul Nanga Parbat. Eppure la gente continua a scalare, a rischiare, a battere i propri limiti e record, alla ricerca di chissà cosa. E così sono morti in tanti. Così sono andati via anche Daniele e Tom. Ciò che è certo è che hanno vissuto cercando la felicità e forse questo basta.


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