Amnistia unica via!
- Leda Colamartino
- 11 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 1 mag 2020
"Amnistia unica via!"
"Amnistia per la Repubblica!"
"Amnistia subito!"
Rimbombano nella testa i cori di decine di manifestazioni radicali, sembravo averli scordati, eppure... oggi tornano. Tornano le marce, torna tutto. Torna, più forte, la convinzione che oggi, più che mai, l'amnistia sia l'unico provvedimento dal quale partire. E mi scuserà ancora una volta chi legge se mi perderò nei ricordi. Mi vengono in mente le facce nitide dei compagni radicali che portano avanti questa lotta da anni: Rita Bernardini, Sergio D'Elia, Elisabetta Zamparutti, Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Maurizio Turco, Irene Testa, Maria Antonietta Farina, Antonio Cerrone, Isio Maureddu, Antonella Casu, e anche quelli che non ho scritto per motivi di spazio. Be', mi viene in mente la faccia di Marco Pannella, ovviamente. E penso ai detenuti che in queste ore stanno vivendo il dramma del Coronavirus da dietro le sbarre, "si sentiranno come bestie in gabbia", penso. Questo è un articolo scritto sull'onda dell'emotività, cosa che non si dovrebbe mai fare, mi scuserete anche per questo.
E' un bollettino di guerra quello che ci arriva dagli istituti di pena italiani: 12 morti in carcere nelle ultime settantadue ore (articolo aggiornato alle 15 dell'11 marzo), alcuni durante le rivolte, altri, si dice, per overdose da psicofarmaci.

Ciò che è certo è che se il Coronavirus dovesse varcare la soglia del carcere, e non è detto che non sia già accaduto, sarebbe un grande problema. E non solo per i detenuti, ma per tutta la comunità penitenziaria: per gli agenti, i direttori, i sanitari, gli psicologi, i familiari. Il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, durante l'informativa al senato ha detto che bisogna riportare la situazione alla legalità. Siamo d'accordo, ma di quale legalità parla il ministro? Quella "di prima"? Quella secondo lui era legalità? No, caro ministro, quella prima delle proteste non era una situazione di legalità e non sicuramente per responsabilità dei detenuti. Carceri con quasi il 200% di sovraffollamento, come quello di Taranto, sono nella legalità?
200% di sovraffollamento vuol dire che nel carcere c'è esattamente il doppio delle persone che per legge ci potrebbero essere, vuol dire che se in una stanza possono esserci quattro detenuti in realtà ce ne saranno otto. E il carcere di Taranto non è l'unico, anzi. Tant'è vero che in Italia il tasso medio di sovraffollamento è del 120%, ciò vuol dire che le carceri con un numero regolamentare di detenuti sono veramente poche. Il dato che non può lasciare alcun dubbio è questo: i detenuti in Italia sono 60.439 ad aprile 2019, a fronte di 50.511 posti letto ufficialmente disponibili, ai quali si debbono sottrarre gli eventuali spazi momentaneamente in manutenzione. Nelle nostre carceri ci sono circa 10.000 persone in più rispetto a quelle previste dalla legge.
Ci sarebbero da dare tantissimi dati, ad esempio quelli sulle tossicodipendenze, sul lavoro, sui colloqui, per far realmente capire quanto la situazione degli istituti di pena italiani sia comunque al di fuori della legalità. Oggi come oggi, coronavirus o no, l'amnistia, l'indulto e le pene alternative al carcere, sono l'unico modo per far funzionare una vera riforma della giustizia. Quindi, ricapitolando, se c'è qualcuno in flagranza di reato quel qualcuno non sono solo i detenuti che certamente hanno avuto una reazione sbagliata (ma comprensibile), ma lo stato. Lo stato italiano è in flagranza di reato da decine di anni! L'appello che è stato fatto in queste ore ai detenuti è quello di cessare ogni forma di violenza, perché solo con la nonviolenza possiamo arrivare a un vero risultato. Allo stato, al ministro Bonafede, si chiede un minimo di buonsenso. Apra gli occhi, caro ministro e si renderà conto che queste persone hanno solo paura e, seppur la violenza non sia mai giustificabile, la repressione lo è certamente ancora meno.
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