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Freeda e il neofemminismo

Aggiornamento: 28 apr 2020

Nel 2020 il femminismo rimane uno degli argomenti tabù in Italia. Nato come movimento culturale alla fine dell’Illuminismo, arriva ai giorni nostri dopo quattro ondate come un movimento frammentato e confusionario. Il solo nome pronunciato in una stanza può rompere la quiete prestabilita e creare suddivisioni radicali e fortemente sentite. Come nella maggior parte dei casi, il luogo e le persone determinano il successo o, meglio ancora, l’insuccesso di un dibattito che ha come punto focale un argomento così controverso.


Ciò che rende, forse più di qualsiasi altra cosa, il femminismo una materia tanto difficile da trattare è che la definizione stessa viene spesso e volentieri raggirata secondo il volere di chi si vuole riconoscere nel movimento. Mi sorge spontaneo il paragone con la religione. Di religioni ne esistono tante, alcune più complesse, altre con più seguito, altre ancora con una dottrina rigidissima e non tutti i credenti di una stessa religione decidono per forza di approcciarsi ad essa con la stessa intensità o rigore. Il femminismo racchiudendo in sé tante correnti e punti di vista divergenti ha il difetto di non essere solido come dovrebbe. Questa sua struttura malleabile e irregolare può suscitare molte domande nella testa di chi si sta interrogando sulla validità di quest’ultimo.


Un po’ come la religione, essere femminista è una scelta di vita e comporta un attivismo che va al di là del post su Facebook, e quindi ci si presenta a noi sotto forma di domanda indiretta ogni qualvolta che sentiremo dire un insulto sessista, un ragazzo non smetterà di intasarci di messaggi su Instagram perché non è in grado di capire il peso di un no o la nostra amica che si è appena lasciata ci riferirà che il suo ex ha diffuso in giro falsità sulla loro vita sessuale insieme. Il significato di attivismo è proprio quello di riuscire a reagire di conseguenza a questi avvenimenti, condividere la propria esperienza con altre donne e non farsi intimorire da chi dice che esistono cose peggiori nella vita e che è tempo di smetterla di parlare sempre delle stesse cose.

Di questi tempi definirsi femminista ha più connotazioni negative che altro, ma sfido chiunque a trovarmi un Paese e un periodo storico nei quali questa parola non susciterebbe almeno un’alzata di occhi al cielo o uno sbadiglio.


Negli ultimi anni un vasto gruppo di “femministe” ha deciso di diventare ancora più ambizioso e di aggiungere alla propria lista di battaglie una serie di altre problematiche sociali che difficilmente riescono ad essere correlate con quella dell’essere donna. Queste neofemministe hanno preso argomenti come la mascolinità tossica, il razzismo, diritti LGBT+ e li hanno resi loro senza capire il danno che una mossa del genere possa fare a questi gruppi discriminati.


Il simbolo mediatico di questa corrente del femminismo è proprio la startup milanese Freeda, meglio conosciuta per i suoi slogan e le vignette color rosa shocking, che con un totale di 1,7 milioni di seguaci è il pozzo d’oro dei suoi ideatori, principalmente uomini. In molti hanno scambiato quest’azienda per un’organizzazione no profit, creata per scopi benefici, ignorando le infinite collaborazioni e sponsorizzazioni che mirano ad un target prettamente femminile. . Uno dei loro post, non me lo scorderò mai, fu sulla tassa di lusso riservata agli assorbenti, rimarcando quanto fosse ingiusta. Freeda non vede l’ora di lucrare su post di questo tipo ed è proprio qui che ci vedo dell’ipocrisia.


Per non parlare dell’uso smodato dell’espressione “UOMO BIANCO ETERO PRIVILEGIATO”, frase che viene utilizzata per descrivere una categoria di persone, vittimizzando tutte le minoranze e colpevolizzando una categoria intera di persone. L’unico scopo di una frase del genere è chiudersi guscio di fronte a chi è diverso, fare branco e precludersi un qualsiasi tipo di condivisione. La parità dei sessi non basta predicarla, bisogna anche applicarla e se sono le donne a parlare di temi maschili (ai quali dicono di essere profondamente affezionate), le stesse che utilizzano quella frase lì, non si arriva da nessuna parte.

E’ giusto volersi sentire partecipi ad una causa importante come quella femminista, ma per farlo bisogna informarsi in modo dettagliato e soprattutto essere dotati di una coscienza critica.



Vi lascio qui sotto un video che parla più nel dettaglio della situazione Freeda, sapendo che in molti saranno in disaccordo. Se così fosse mi piacerebbe questo fosse il canale giusto per aprire un dialogo al riguardo.



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